Marchesi di Barolo: una storia di famiglia
Cronaca di una giornata nelle Langhe
20 maggio 2021, ore 6:35.
Occhi semichiusi, alito da rivedere, ma cuore gonfio di entusiasmo.
Imbocchiamo l’A1 in direzione nord. A poco più di 3 ore di distanza Barolo ci aspetta.
Cosa non si fa per un bel bicchiere di Barolo? Ci si sveglia all’alba con la voglia di vino invece che di caffè.
“Cosa possiamo fare per voi?”
Tutto è iniziato così, quando Valentina, marketing ed export manager di Marchesi di Barolo, una mattina di aprile dopo aver visto quello che facciamo noi di PWNK ci ha chiamat* entusiasta ponendoci la fatidica domanda.
Ragazz*, queste sono le vere soddisfazioni.
Non ce lo siamo lasciat* dire due volte e siamo partiti. Direzione Langhe, per conoscere una delle aziende storiche più famose per la produzione di uno dei vini più iconici del Paese, che prende il nome dal toponimo della nostra destinazione.
Ovviamente stiamo parlando del Barolo.
Ma non solo.
Già, perché ci sarebbero anche Barbera, Nebbiolo, Dolcetto che ci aspettano… mentre ci avviciniamo alla meta, con i dolci e verdissimi pendii piemontesi che iniziano ad apparire all’orizzonte, non riusciamo a non pensare alla bellissima, stancante e goduriosa giornata che ci attende.
Ore 11:02, siamo arrivat*.
Appena messo piede nel cancello della Cantina Storica, che sorge nel cuore del paese, Valentina ci accoglie e ci fa sentire subito a casa nostra. Magari lo fosse davvero. Dalla terrazza del palazzo una vista incredibile, le colline delle Langhe a perdita d’occhio, con incastonato al centro il Castello di Barolo. Pura poesia. Se ci fossero stati i colori autunnali avremmo seriamente rischiato un’estasi mistica.
Torniamo al chiuso per vedere qualcosa di altrettanto interessante. In fondo siamo qua per questo: la cantina dove nacque il vino dei Re.
Sì, perché fu proprio nelle tenute dei Marchesi di Barolo che all’inizio del 1800, grazie al matrimonio di Juliette Colbert de Maulévrier, pronipote del ministro delle finanze del Re Sole, e Carlo Tancredi Falletti, Marchese di Barolo, si iniziò a vinificare il Nebbiolo in un nuovo modo, grazie a nuove cantine, che riuscissero a proteggere il vino in fermentazione dalle rigide temperature invernali.
Senza Juliette, una delle prime donne imprenditrici della Storia, che riconobbe le potenzialità dell’uva Nebbiolo e ne affinò la vinificazione, probabilmente niente di tutto questo sarebbe accaduto, e il vino prodotto con l’uva Nebbiolo sarebbe rimasto come in passato: dolce e frizzante.
Invece adesso possiamo gustarlo al pieno delle sue potenzialità: “un grande vino, nobile nella struttura, potente, austero e, finalmente, dopo un lungo affinamento in botte, armonico ed elegante.”
Diventando presto un vino apprezzatissimo in tutta Europa, arriviamo al 1929, quando la famiglia Abbona acquista dall’Opera Pia Barolo le tenute e le storiche cantine dei Marchesi di Barolo.
E dopo 4 generazioni gli Abbona si prendono ancora cura di questo tesoro inestimabile, con amore e dedizione. Ed è impossibile non capirlo subito dalla passione con cui Valentina ci racconta questa storia.
E tra le enormi e secolari botti di legno si cela in una solenne teca di vetro la preziosa testimonianza della storia di questa tenuta: la bottiglia più antica della cantina, datata 1895. Quanto vorremmo che fosse possibile assaggiarla!
Tornati in superficie conosciamo altri due membri della famiglia: mamma Anna e il fratello Davide. Se c’è una cosa che non manca in famiglia è decisamente il sorriso.
“Abbiamo pensato di invitarvi a un picnic in vigna a base di hamburger di Fassona”
Mozione approvata.
I filari del vigneto Cannubi sono a 5 minuti dalla cantina (anche se la tenuta possiede altri tre appezzamenti su colline limitrofe, ognuno con le proprie uniche caratteristiche di terroir: Serragrilli, Sarmassa e Coste di Rose). Ovviamente è tutto squisito, la location magnifica e il Barbera che ci viene offerto per accompagnare la carne fa-vo-lo-so.
Dopo la piacevole escursione, mentre diamo un’occhiata alla vineria della tenuta, ci raggiunge anche papà Ernesto (che oltre ad essere l’amministratore della cantina è anche Presidente dell’Unione Italiana Vini).
Ci aspettavamo un uomo austero e solenne. E invece, sarà un vizio di famiglia, mentre si gustava i suoi amati tajarin al ragù (che non avrebbe mai sostituito con i panini che ci siamo gustati in vigna), siamo rimasti affascinat* dalla sua personalità vivace e accogliente e dai suoi innumerevoli aneddoti sulla storia di Barolo e sulle esperienze di una vita dedicata al vino (che non riporteremo per rispetto della privacy).
Dopo una piccola pausa rinfrescante a base di Moscato d’Asti Zagara, ghiaccio, lime e menta (non potete capire quanto sia buono, altro che mojito), ci prepariamo al gran finale di questa giornata incredibile.
Ernesto e Valentina ci fanno strada e attraversiamo una porta che cela una nuova sorpresa che non ci aspettavamo. Con la temperatura che scende improvvisamente di almeno 10 gradi, si staglia dinanzi a noi la collezione privata della tenuta, oltre 30.000 bottiglie di Barolo, a partire da rari millesimi dell’Ottocento sino a quelli più recenti, conservate proprio nel luogo in cui sono nate.
La vera ciliegina su una torta di cui non ci sazieremmo mai.